Nomi e cose

Prima di tutto, il genere: “email” per me è femminile. In genere i termini importati da altre lingue (veri o finti) sono maschili (film, golf, ecc.) ma quando c'è una connessione semantica con qualche termine italiano ci sono eccezioni (privacy). “Mail” naturalmente ci ricorda “posta”, che è femminile. Va anche detto che “posta” è un nome collettivo — un'email è un messaggio di posta elettronica. Ma ormai in inglese “email” non è più solo uncountable, e viene utilizzato come countable per indicare i messaggi di posta elettronica (apparentemente, è una delle più rilevanti distorsioni dell'inglese indotte dall'uso massiccio dello stesso come seconda lingua). In effetti, in italiano “ti ho mandato una posta” suona proprio male: in linea di principio facciamo lo stesso errore dicendo “ti ho mandato un'email”, ma ovviamente il nostro orecchio è molto meno infastidito.

Personalmente sono contrario all'uso indiscriminato dei termini inglesi, ma finché quelli della Crusca non se ne escono con qualcosa di un po' più corto di “messaggio di posta elettronica” continueremo tutti a usare “email” (con qualche ragione).

Importante: le parole introdotte da altre lingue che entrano a far parte del linguaggio comune sono indeclinabili. Un'email, due email, tre email. Un film, due film, tre film. Non cercate di sembrare dotti dicendo “emails”: certamente mostrerete di sapere l'inglese, ma anche di non sapere l'italiano!

Scrivere email: consigli generali

Molte persone pensano che scrivendo un'email si possa essere sgrammaticati, sbagliare l'ortografia o usare una brutta sintassi. Non è vero. Scrivere male porta a leggere male e a capire male. Questo spesso rende necessario altri giri di email per chiarire che cosa si vuole veramente dire. Inoltre, scrivere male costringe chi legge a perdere molto tempo per esegesi impossibili di testi improbabili. Se voi non volete perdere tempo a scrivere decentemente, perché pensate che chi riceve voglia perdere tempo a capire che avete da dire?

Vale sempre l'insegnamento di uno dei più grandi x di tutti i tempi (potete mettere molte cose al posto di x, va bene quasi tutto):

Je n'ai fait celle-ci plus longue que parce que je n'ai pas eu le loisir de la faire plus courte.

Cioè: “ho fatto [questa lettera] più lunga del solito solo perché non ho avuto il tempo di farla più corta”. La sintesi costa, ma è sempre apprezzata dal lettore.

Va anche parecchio di moda avere indirizzi di posta surreali a cui sono associati nomi ancora più surreali. Ma che impressione pensate che faccia ricevere un'email con nome associato Nosferatu da iwillkillyou@gmail.com? Usate il vostro nome. Tutti i grandi hacker hanno indirizzi semplici, spesso dati, per ridurre i tempi di battitura, dalle iniziali di nome e cognome, e i nomi associati ai loro indirizzi sono i loro veri nomi, ben scritti (e no, per favore, non confondete hacker con cracker o intruder; gli hacker fabbricano cose, non le rompono!).

Molte persone sono poi oberate da tonnellate di posta indesiderata. Tenendo pure conto del fatto che ci sono buoni filtri che possono dare una mano, rimane il fatto che spesso la scrematura veloce della posta indesiderata si fa guardando solo l'oggetto (per pietà, non è il “soggetto”!). Quindi, quando scrivete un'email associatele un oggetto chiaro, breve e conciso. “Ciao” va quasi certamente a finire in un filtro o viene cancellato distrattamente dal destinatario. “Volevo sapere come stai” ha qualche chance in più. Le email con oggetto vuoto sono senza speranza.

Scrivere a un docente

Ma passiamo a una questione più spinosa: scrivere a un docente. Prima di tutto, cercate di inviare il messaggio da un indirizzo ufficiale (cioè da quello fornito dall'università). Questo aiuta a evitare la sindrome Nosferatu e riduce la possibilità di finire in un filtro. Spesso e volentieri, inoltre, gli indirizzi bizzarri vengono da sistemi bizzarri, ed è frequente, quando si risponde, vedere la risposta rimbalzare indietro con i più vari errori (casella piena, nome sconosciuto, ecc.). In ogni caso, di nuovo, scrivete in modo da fare pervenire chiaramente il vostro nome al destinatario.

L'oggetto dovrebbe rendere immediatamente chiaro di che corso si parla. “Domanda” non vuol dire nulla: “Una domanda sulle dispense del laboratorio di programmazione” già aiuta. “Modalità d'esame del corso di analisi” è quasi poesia (posto che, come nella maggior parte dei casi, non siano date in dettaglio su un sito web che non avete avuto voglia di andare a cercare; in questo caso le risposte possono essere piuttosto secche, ma d'altra parte ve la siete cercata). Ricordatevi che molti docenti insegnano tre o più corsi, e non è sempre evidente dal testo dell'email a che corso ci si riferisce. In particolare, se il corso è articolato in più turni dite sempre qual è il turno in questione.

Presentarsi è un po' più complesso. Dipende, ovviamente, dal modo in cui siete abituati a relazionarvi al docente. Se siete abituati a dare del tu, uno stile semplice che va dritto al punto è appropriato:

Vorrei sapere se venerdì la lezione verrà effettuata in aula 8.

Se invece siete abituati a dare del lei, in genere è meglio partire in modo più formale:

Gent. Prof. Puffo,
vorrei sapere se venerdì la lezione verrà effettuata in aula 8.

In italiano esistono diversi appellativi ufficiali per i professori: a seconda delle cariche vanno da “egregio” a “chiarissimo” fino al comicissimo “magnifico” e all'improbabile “amplissimo” (gli anglosassoni devono pensare che siamo veramente dei buffoni). Qui la soluzione corretta è fortemente dipendente dalla persona con cui avete a che fare. Se si presenta in giacca e cravatta o tailleur e cammina come se indossasse un busto di stecche di balena (ma siete veramente arrivati a leggere fino a qua?), forse potete tentare un “Chiar.mo” (o il titolo più appropriato per la sua carica). “Caro” è un po' troppo familiare. “Gentile” è ragionevole e non troppo affettato, e dovrebbe funzionare nella maggior parte delle circostanze.

D'altra parte, che dire, siete veramente in grado di partire con “egregio” e reggere il tono per tutta l'email?

Nota bene: Le considerazioni di cui sopra non sono ovviamente valide per uomini in tailleur e donne in giacca e cravatta.

Evitate, sempre e comunque, le scuse per il fatto che non siete stati a lezione/non siete stati a laboratorio/non siete stati all'esame/avete fatto una domanda stupida/avete fatto troppe domande intelligenti/qualunque cosa. Basta. È inutile. Se avete una scusa vera, seria, e per qualcosa di grave, ditela di persona.

Non usate l'imperativo. Mai. Evitate anche di esprimere in maniera diretta le vostre necessità. “Mi mandi le dispense del corso” richiama istantaneamente la risposta “sto [omissis]” così come “ho bisogno degli orari“ ispira naturalmente “e oltre a indicarti la pagina del sito dove li potresti facilmente trovare devo anche ramazzarti la stanza?”. Il condizionale e le forme di cortesia sono fondamentali — non perché avete di fronte a voi un docente, ma perché avete di fronte a voi una persona con cui non avete familiarità.

Dulcis in fundo: firmate con nome, cognome, e mettete eventualmente tra parentesi il nome del corso.

Gli allegati

Ah, le mal du siècle. Gli allegati indesiderati hanno molti effetti collaterali spiacevoli. Non tutti leggono la posta da una connessione a banda larga: un file Microsoft Word che contiene poche righe di testo è lungo decine se non centinaia di migliaia di byte. Perché il destinatario dei vostri messaggi deve aspettare ore e spendere una montagna di denaro per qualcosa che non vi ha chiesto?

Scrivete quello che dovete scrivere nell'email. Le email con testo vuoto e un allegato Microsoft Word sono equivalenti a stamparsi sulla fronte un marchio infamante e indelebile. Utilizzate formati leggeri (testo puro), o, se proprio dovete aggiungere allegati ingombranti, comprimete utilizzando un formato facilmente manipolabile su qualunque piattaforma (che so, .zip). In ogni caso, non inviate qualcosa che non vi è stato richiesto. E, a meno che non siano intercorsi accordi precedenti, non inviate per via elettronica materiale che deve essere necessariamente stampato. Il destinatario della vostra email può non avere il tempo, i mezzi o la voglia di stampare tutto ciò che gli viene mandato.

Non esagerate

Riceviamo tutti troppa posta. Non scrivete messaggi che non servono. Se avevate bisogno di una risposta e questa non arriva in tempo ragionevole, scrivete di nuovo, ma lasciate un minimo di margine. Se la risposta vi soddisfa e non richiede esplicitamente di comunicare di nuovo, evitate di intasare le caselle di posta dei docenti con messaggi di ringraziamento. È il nostro lavoro.

Per gli informatici (e affini)

Ovviamente, in un corso di laurea di area informatica le email circolano come mosche. Ci si potrebbe aspettare che persone immerse nell'informatica da mattina a sera abbiano una profonda sensibilità per questi problemi.

Ma per piacere.

“Non funziona”

Ho pensato più volte di mettere un filtro sulle email contenenti il frammento di frase “non funziona” e poco altro. “La mia login non funziona.” In che senso? Non riesci a entrare? Non riesci a usare i programmi? Non funziona il compilatore? Che cosa hai provato a scrivere? Che messaggi ha dato il sistema?

La risposta più comune all'ultima domanda è “ah, sì, ha scritto qualcosa come ‘falure’ [sic] e poi non andava più”. Non siamo chiaroveggenti. Se qualcosa non funziona (il vostro programma, il vostro computer, la vostra login, il vostro compilatore, il vostro ambiente di sviluppo, ecc.) abbiamo bisogno di sapere che cosa non funziona e che sintomi presenta. Vogliamo sapere esattamente che cosa avete fatto e che cosa in risposta ha fatto il sistema. Potete trascrivere quello che vi viene messo davanti, scattare istantanee dello schermo o riprendere con una videocamera il tutto e offrirci una bella proiezione… ma non potete dire “non funziona” e sperare che possiamo capirci qualcosa.

In sostanza: aiutateci ad aiutarvi.

“Dov'è sbagliato?”

Non inviate programmi chiedendo perché non funzionano. Non c'è il tempo materiale per fare un'analisi accurata di tutti i programmi che gli studenti vorrebbero che noi controllassimo. Scoprire un buco in un programma è una procedura complessa (in effetti, per il teorema di Rice è equivalente al problema dell'arresto, e quindi non automatizzabile). Prima di inviare email disperate ai docenti allegando un programma che non funziona, provate a spiegare a un amico/amica che non l'ha mai visto perché secondo voi dovrebbe funzionare. Nel 90% dei casi a metà della spiegazione vi batterete una mano sulla testa esclamando “eureka!” (è più probabile che esclamiate “che coglione sono!”, ma “eureka!” è più carino). Provare per credere.